Il coraggio di resistere: storie nocerine tra fascismo, guerra e liberazione

Dieci storie di coraggio e resistenza tra le due Nocera: dalla repressione fascista alla Liberazione, la memoria degli eroi nocerini che scelsero la libertà contro ogni paura

Nel cuore del Novecento, tra gli anni venti e il 25 aprile 1945, l’Italia visse uno dei periodi più bui e drammatici della sua storia. Mentre il regime fascista consolidava il suo potere con violenza e oppressione, e poi trascinava il Paese in una guerra rovinosa, tanti uomini e donne, anche nelle due Nocera, scelsero di non piegarsi. La loro fu una resistenza morale prima ancora che armata, fatta di scelte, gesti, silenzi e sacrifici. Le loro storie sono oggi le “gocce di memoria” che vogliamo far riaffiorare

Gli approfondimenti, le biografie e il continuo lavoro di ricerca storica di questi mesi, fanno parte del progetto “Gocce di Memoria“, promosso dalla nostra associazione CambiaMenti con l’obiettivo di riscoprire e valorizzare la memoria storica delle due Nocera. Una memoria viva, fatta di volti, scelte e sacrifici, che oggi più che mai può essere guida e ispirazione per le nuove generazioni. Raccontare le storie di chi ha sacrificato tutto per la libertà non è solo un dovere civile: è un gesto di responsabilità verso il futuro.

Gli anni del dissenso (1920–1939): un seme che resiste – Nel 1920, mentre l’Italia usciva a fatica dalla Prima Guerra Mondiale, a Nocera Inferiore si respirava già un fermento politico acceso. La storia dell’antifascismo nocerino non nasce, infatti, con la guerra, ma affonda le sue radici nelle lotte sociali e sindacali del primo novecento. In un’Italia sconvolta dalle conseguenze del primo conflitto mondiale e dalle tensioni politiche, alcuni uomini e donne di Nocera scelsero di non piegarsi all’onda montante della violenza squadrista e della dittatura.

Tra loro, Giuseppe Vicedomini si afferma come una delle figure più rilevanti ma poco conosciute del socialismo meridionale. Fondatore della Camera del Lavoro, attivista infaticabile, oratore appassionato, fu il punto di riferimento per le battaglie dei lavoratori dell’Agro. Vicedomini sfidò apertamente le autorità e la borghesia, pagandone il prezzo con il carcere, la sorveglianza costante, la povertà, l’oblio e le calunnie . Eppure, non rinunciò mai alla coerenza con i propri ideali.

Simile è la parabola di Salvatore Tramontano, detto “Crosto”, militante socialista e consigliere comunale. Il suo gesto simbolico – strappare il tricolore imposto dal governo in segno di protesta – nel 1920, diventa un atto di ribellione aperta. Arrestato, processato e confinato, continuò ad essere considerato pericoloso per la sua capacità di mobilitare il popolo.

Emilia Buonacosa, giovane operaia e anarchica, è un’altra voce che il regime tentò invano di spegnere. Costretta all’esilio, poi arrestata e confinata a Ventotene, Emilia sopporta malattie e privazioni senza mai rinnegare le sue idee. Una testimonianza di tenacia e fedeltà ideale che ci interroga ancora oggi.

Il fronte e la frattura (1940–1943): scelte sotto il fuoco – Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, molti giovani nocerini furono arruolati e mandati a combattere lontano. Fu proprio in quelle trincee e in quei mari che alcuni di loro compirono scelte che li avrebbero segnati per sempre.

Antonio Cianciullo, ufficiale dell’esercito italiano, si trovava a Cefalonia durante l’armistizio dell’8 settembre 1943. Di fronte all’imposizione tedesca di consegnare le armi, Cianciullo decise di resistere. Guidò i suoi uomini contro la Wehrmacht in una delle più tragiche battaglie della guerra. Morì combattendo, dando prova di un eroismo che fu riconosciuto con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il suo nome, però, rimase per anni quasi sconosciuto nella sua città.

Francesco Rese, giovane marò di Nocera, partecipò alla difesa dell’isola di Lero nel Dodecaneso. Dopo la resa e la cattura da parte dei tedeschi, riuscì a fuggire e a unirsi ai partigiani jugoslavi. Combatté per tre anni nei Balcani, con abnegazione e coraggio, ma al suo ritorno in Italia nel 1946, il suo contributo venne ignorato dalle istituzioni.

La scelta partigiana (1943–1945): ribellarsi per un’altra Italia – Dopo l’armistizio, con l’Italia spezzata e occupata, la scelta tra complicità e resistenza si fece netta. Molti giovani nocerini che si trovavano al Nord o al Centro Italia scelsero la seconda strada.

Carlo Canger, carabiniere originario di Nocera, rientrò in servizio volontariamente e diede vita con altri alla formazione partigiana “Bosco Martese” in Abruzzo. Partecipò a una delle prime battaglie della Resistenza e fu protagonista di atti di grande eroismo, come la liberazione di ufficiali italiani destinati alla fucilazione.

Alfredo Bevilacqua, ventiduenne, si unì alla 42ª Divisione Garibaldi. Si distinse come comandante e morì nel 1945 durante un attacco nemico, scegliendo di non arrendersi mai. Un gesto che fu, fino alla fine, espressione della sua fede nella libertà.

Lorenzo Fava, già militare e studente universitario, si unì ai GAP veronesi. Dopo aver partecipato a sabotaggi e azioni contro i nazifascisti, venne catturato, torturato e ucciso. La sua dedizione fu riconosciuta con la Medaglia d’Oro al Valor Militare e la laurea ad honorem in Giurisprudenza.

Antonio Tramontano, muratore del rione Piedimonte, trovò nella XI Divisione Garibaldi in Piemonte la sua casa ideale. Arrestato e torturato, fu fucilato a Cuneo nel novembre 1944, assieme ad altri partigiani, in una rappresaglia crudele.

Salvatore Iannone, giovane bracciante, dopo l’8 settembre si unì alla 75ª Brigata Garibaldi in Piemonte. Durante un’azione contro i presidi fascisti di Pralungo fu gravemente ferito e, secondo alcune fonti, torturato e giustiziato. Anche la sua memoria, per troppo tempo, è rimasta in silenzio.

Insieme a loro, tanti altri nocerini, oltre una trentina sono stati riconosciuti ufficialmente come partigiani, patrioti e benemeriti della Resistenza, hanno combattuto per la libertà, lottando contro il nazifascismo e lasciando un’impronta indelebile nella nostra storia. Noi vogliamo riscoprire le loro storie e completare questo viaggio nella memoria!

Liberazione e memoria: il dovere di ricordare – Il 25 aprile 1945 segna la fine dell’occupazione nazifascista e l’inizio di una nuova Italia. Ma non tutte le storie trovarono subito voce.

Francesco Rese tornò decorato, ma senza onori. Vicedomini fu chiamato dagli alleati come sindaco straordinario e partecipò alla ricostruzione democratica della città. Ma molti, come ad esempio, Iannone e Tramontano, rimasero nomi dimenticati, finché nel 2008 una targa al Palazzo di Città non restituì loro un minimo di giustizia.

Emilia Buonacosa, nonostante le condizioni di salute precarie, continuò a vivere a Nocera con dignità. La sua richiesta di pensione per invalidità politica fu accolta solo nel 1959, mentre le autorità continuavano a definirla “sovversiva”. La sua forza d’animo e la sua coerenza politica restano, ancora oggi, un esempio di integrità.

Conclusione – La Resistenza continua, se continuiamo a raccontarla – Il progetto “Gocce di Memoria” nasce per illuminare queste vite e riportarle alla luce, come gocce che nutrono le radici profonde della nostra comunità. Raccontare Cianciullo, Gambardella, Vicedomini, Fava e tanti altri non è solo un esercizio di memoria: è un atto di cittadinanza.

In un tempo in cui la coesione sociale è fragile e i valori democratici sembrano sbiadire, queste storie ci ricordano che la libertà non è mai un dono, ma una conquista da rinnovare ogni giorno.

La Resistenza, finché continueremo a raccontarla e ad ascoltarla, non sarà mai finita.

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