La tragica vicenda politica e umana del primo sindaco socialista di Nocera
La storia delle nostre comunità custodisce le radici del nostro presente. Quando perdiamo la memoria del nostro passato, quelle radici vengono recise ed avviene, inevitabilmente,
che le foglie del nostro presente ingialliscono e deperiscono.
A Nocera, ad esempio, sono in pochi quelli che sanno di Giuseppe Vicedomini. Eppure, stiamo parlando del più importante dirigente del movimento operaio della prima metà del
secolo scorso. Senza temere di essere smentiti, potremmo dire che tutti quelli che si dicono semplicemente “di sinistra” sono figli di una storia cominciata con Vicedomini.
Nato nel 1879, Vicedomini, nonostante sia membro di una famiglia modesta (il padre era un artigiano falegname “bottaio”), frequenta la scuola fino al ginnasio presso il seminario vescovile. Quando, poco più che ragazzo, si rende conto di non avere alcuna vocazione sacerdotale, lascia il seminario, interrompe gli studi e si arruola volontario nell’82° Fanteria, di stanza proprio a Nocera, dove vi presta servizio per 30 mesi.
Dopo il congedo, si dedica anima e corpo al lavoro politico e sindacale. Inizia organizzando la lega dei “pastai e mugnai”, poi quella dei “cestai”, infine quella dei “tessili” dello stabilimento Aselmejer che poi diventerà MCM. Nel 1902, l’anno del primo, epico sciopero dei mulini e pastifici, fonda la Camera del Lavoro a Nocera Inferiore.
Negli stessi anni Vicedomini apre anche la prima sezione del Partito Socialista in Città, organizza e dirige gli scioperi dei pastai e mugnai del 1903 e del 1906 e lavora di concerto
con la direzione del Partito di Napoli, oltre che con le Camere del Lavoro di Napoli, Scafati, Torre Annunziata e Salerno.
Nel 1908, fonda “La Favilla”, periodico cittadino socialista, che verrà pubblicato fino al 1912, rompendo il monopolio della stampa locale “liberale”. Dopo di allora, un altro
periodico di sinistra a Nocera vedrà la luce solo all’inizio degli anni settanta per iniziativa di Goffredo Locatelli, recentemente scomparso, con il nome l’Espresso del Sud.
Nel 1909, dopo aver intrapreso l’opera di sindacalizzazione del “proletariato agricolo” si reca in Inghilterra per stipulare contratti commerciali per i suoi iscritti contadini, allo scopo di eliminare il taglieggiamento degli intermediari commerciali agricoli. Per questo, Vicedomini viene a volte definito “rappresentante di commercio”.
Dal 1912 al 1914, per incarico della Direzione del Partito Socialista, dirige le Camere del Lavoro di Mirandola, Ancona e Ferrara ed è proprio a quel periodo che si fa risalire la sua
conoscenza e frequentazione con Benito Mussolini.
Rientrato a Nocera, nel primo dopoguerra abbandona la corrente del sindacalismo rivoluzionario e si avvicina alla corrente riformista del Partito Socialista.
Dopo le elezioni del novembre 1920 Vicedomini, che capeggia la lista socialista, viene eletto Sindaco della Città di Nocera Inferiore. Il successo dei socialisti viene facilitato dalla
divisione interna allo schieramento liberale che vedeva contrapporsi Dentice, liberale conservatore e Guerritore, che aderisce alla Democrazia Liberale di Giovanni Amendola.
Dopo la sua elezione, Vicedomini instaura una politica di forte sostegno alla parte della popolazione più indigente. Ben presto, però, anche a Nocera arriva la violenza dello squadrismo fascista: nel 1921 viene assaltata e devastata la Camera del Lavoro: A compiere quell’assalto, secondo il racconto che ne faceva mio nonno, furono un centinaio di camicie nere napoletane, capeggiate da Aurelio Padovano.
Il clima di violenza crescente (che non risparmia neppure il Circolo Casollese, costretto alla chiusura perché frequentato da elementi “sovversivi”) insieme alle pressioni sempre più insistenti della Prefettura, costringono Vicedomini a rassegnare le dimissioni da Sindaco nell’ottobre del 1922. Dopo la marcia su Roma, l’oramai ex Sindaco si allontana da Nocera ed entra in clandestinità. Al suo posto, nel marzo del 1923, viene eletto l’Avv. Attilio Barbarulo, che era stato suo Vice Sindaco, sarà tra i fondatori del Partito Nazionale Fascista a Nocera e, dal 1932 al 1937, ricoprirà la carica di Podestà della città.
Purtroppo, non è possibile ricostruire i quattro anni durante i quali Vicedomini visse in clandestinità. Tuttavia, non è difficile immaginare gli stenti e le privazioni di un uomo costretto a scappare e nascondersi insieme alla sua famiglia, che comprendeva, oltre alla moglie, Teresa Marino, ben otto figli.
Molto probabilmente, Vicedomini, almeno per qualche anno trovò rifugio in Spagna. Me ne sono convinto perché a Barcellona risultava risiedere il figlio Raffaele, che nel 1922 aveva appena sedici anni e non poteva certo esserci arrivato da solo.
Nel 1926, Vicedomini viene condannato in contumacia a due anni di confino e, dopo l’accoglimento di un suo ricorso contro quel provvedimento, rientra a Nocera astenendosi, da quel momento, da qualsiasi ulteriore iniziativa politica. Il figlio Raffaele, comunista, resta a Barcellona e rientra in Italia nel 1928 per svolgere il servizio di leva. Dopo il congedo, nel 1930, Raffele torna in Spagna e, dopo l’insurrezione franchista, si arruola nell’esercito repubblicano, nelle cui fila combatte nel 1937 sul fronte di Tardienta, ricevendo anche una promozione al grado di capitano “per merito di guerra”.
Durante il fascismo, l’unica notizia dell’ex Sindaco risale agli inizi degli anni trenta, quando il Podestà lo incaricò di tenere una serie di conferenze sulla storia locale. Molto probabilmente quel Podestà era Attilio Barbarulo che, con quell’incarico, cercava di dare un aiuto economico al suo vecchio Sindaco. Tuttavia, la milizia fascista, con la scusa che il programma di quelle conferenze prevedeva anche la partecipazione di operai non iscritti al PNF, fece in modo che l’iniziativa non avesse mai luogo.
Nel 1944, Giuseppe Vicedomini, essendo l’ultimo Sindaco eletto democraticamente, venne reinsediato al Comune dagli alleati con l’incarico di Sindaco Straordinario. Si dimise definitivamente nel 1946, anche a causa delle volgari polemiche che lo coinvolsero e che, in buona sostanza, gli contestavano non solo di non essersi fatto ammazzare, ma anche di non aver trascorso qualche decennio in carcere o al confino.
Così uscì di scena, a 67 anni, il primo Sindaco Socialista di Nocera Inferiore