Dallo schermo al governo: come la televisione ha trasformato la politica e generato nuovi leader
Zelensky e Trump , protagonisti dello scontro più dibattuto al mondo, avvenuto a favore delle telecamere, appaiono in questo momento lontanissimi tra di loro, ma hanno in comune un imprinting significativo. Entrambi devono la loro popolarità alla televisione che ha costruito il trampolino di lancio per assurgere democraticamente al vertice politico delle rispettive nazioni.
Trump, immobiliarista dagli alterni successi, diventa famoso con uno show televisivo, The Aprentice, che è un po’la summa dei principi che lo ispirano: se vuoi avere successo non devi farti alcuno scrupolo. Allo stesso modo Zelensky diventa definitivamente conosciuto nel suo Paese con una serie tv, “Servitore del Popolo ” in cui recita la parte di un insegnante che diventa Presidente della Repubblica. Alla fine accadrà davvero con un partito che porta lo stesso nome della serie televisiva e un suffragio al secondo turno pari al 75 per cento.
Se non ci fosse stata l’aggressione russa e quindi la guerra in corso, non avremmo avuto problemi a dire che Zelensky rappresenta il paradigma perfetto del populismo in politica. D’altronde è un fenomeno che conosciamo benissimo in Italia, dove l’inventore della televisione privata è poi stato protagonista della scena politica, al Governo e all’opposizione, per un ventennio e un comico che ha elevato a paradigma politico il “vaffanculo” ha fondato un partito che ha vinto le elezioni ed espresso un presidente del Consiglio buono a governare con una maggioranza di un colore e una del colore apposto. In particolare la vicenda di Grillo, ma tutto sommato anche di Zelensky, era stata profetizzata dalla stessa televisione: i geniali autori inglesi della serie distopica Black Mirror, avevano immaginato un paio di anni prima, in un episodio della seconda stagione , un pupazzo di nome Waldo, animato dalla voce di un comico, che si candidava con successo alle elezioni suppletive di un collegio britannico fino a profetizzare un futuro in cui Waldo appunto, diventava il capo di un regime repressivo.
Insomma si può dire che la televisione da oramai 30 anni ha sostituito quelle che una volta erano le scuole di partito, nelle quali giovani funzionari appassionati perfezionavano le proprie conoscenze prima di assumere ruoli politici nei partiti e poi nello Stato. I partiti sono praticamente scomparsi, ridotti a meri comitati elettorali; la televisione prima e i nuovi mezzi di comunicazione social poi, hanno assunto una funzione essenziale. Le opinioni si formano direttamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa, ” vecchi” e nuovi per l’appunto, e inevitabilmente anche i nuovi leader nascono da questi mezzi di comunicazione, sono loro figli legittimi. Inevitabile conseguenza è che il contenuto del messaggio abbia perso progressivamente importanza rispetto a come lo si veste mediaticamente, a come viene presentato, al numero di visualizzazioni e di like che riesce a ottenere.
“Basta apparire ” era il sottotitolo di un significativo docufilm ,”Videocracy” del regista italo-svedese Erik Gandini, che analizzava la deriva mediatica della politica italiana. Quella deriva è diventa oramai la regola, non solo in Italia, a cui appare del tutto inutile opporsi. Sarà quindi necessario, per chi ha a cuore le sorti della democrazia come l’abbiamo intesa fino ad oggi, saper comprendere e utilizzare i mezzi di comunicazione e non farsene travolgere, denunciare le scorciatoie pericolose che essi offrono, farne in definitiva uno strumento al servizio non della pancia ma del cervello delle persone. Sempre che ce ne sia rimasto ancora un po’.