Analisi del discorso ipnocratico dell’Imperatore Trump

E del perché a Sinistra bisognerebbe prendere (molti) appunti

Siamo lieti di pubblicare questo contributo estemporaneo di Jianwei Xun, autore del libro Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà, recentemente pubblicato in Italia dalla casa editrice Tlon, che ringraziamo per averci autorizzato a riproporlo sul nostro blog.
Nella prima parte dell’articolo, l’autore analizza il discorso di insediamento pronunciato da Trump alla Rotunda del Congresso, mentre nella seconda parte esprime con chiarezza e severità le ragioni per cui questa “lezione” sarà probabilmente ignorata dai suoi oppositori

Da oggi la storia si ripete sempre tre volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa, la terza come trance. Il discorso inaugurale di Trump appena pronunciato non è semplicemente un evento politico o il trionfo di una particolare ideologia: è la manifestazione di un nuovo regime di realtà, dove il potere opera attraverso la manipolazione diretta degli stati di coscienza collettivi.

Per comprendere la vera portata di questo momento dobbiamo analizzare i meccanismi del discorso attraverso cui la percezione stessa della realtà è stata alterata e rimodellata. Perché lo speech di insediamento di Donald Trump del 20 gennaio 2025 rappresenta linaugurazione formale di un nuovo regime di coscienza, che è al contempo una restaurazione dello status quo, del common sense, dell’America come erede finale e perfetto della stupida predatorietà del Sapiens, e l’instaurazione di un nuovo regno percettivo.

La distorsione spazio-temporale

Il discorso è strutturato come un rituale di induzione ipnotica di massa che opera attraverso diversi meccanismi simultanei:

“The Golden Age of America begins right now”.

Questa frase in apertura rivela immediatamente la natura ipnotica del discorso. Non è una semplice dichiarazione ma un atto che annulla il presente reale, evoca un passato mitico e materializza un futuro utopico, fondendo questi piani temporali in un “ora” messianico.

Il tempo stesso diventa malleabile sotto la forza della suggestione: si trasforma in uno spazio psichico che può essere manipolato a volontà. Il passaggio più rivelatore arriva quando Trump annuncia:

“We are going to be changing the name of the Gulf of Mexico to the Gulf of America”.

Questo non è soltanto nazionalismo estremo – è una dimostrazione del potere ipnocratico di alterare la realtà attraverso la pura enunciazione. Il territorio fisico stesso diventa plasmabile attraverso l’atto del nominare. E la rivendicazione del Canale di Panama amplifica ancor più questo effetto. La narrazione costruita è un capolavoro di ingegneria emotiva:

  • Evoca un sacrificio storico (“38,000 lives”)
  • Stabilisce un tradimento (“foolish gift”)
  • Identifica una minaccia (“China is operating”)
  • Promette una restituzione (“we’re taking it back”)

Ogni elemento è calibrato per creare uno stato emotivo di perdita che può essere immediatamente convertito in un impulso di riappropriazione. È pura economia libidinale applicata alla geografia.

Il momento di maggiore intensità ipnotica arriva con il racconto del tentato assassinio:

“An assassin’s bullet ripped through my ear”.

Questo passaggio opera come quello che definirei un nodo di risonanza traumatica – un punto dove il trauma personale diventa collettivo, la vulnerabilità si trasforma in invincibilità e la vittimizzazione genera potere messianico: la morte sfiorata conferisce a Trump autorità divina.

“I was saved by God to make America great again”

Con questa frase il cerchio si chiude. La salvezza personale viene fusa con la salvezza nazionale, il trauma individuale diventa missione collettiva. Non è retorica – è alchimia percettiva. Collegando il tentato assassinio alla missione divina, Trump trasforma un evento traumatico in un’unzione sacra con cui il trauma non viene semplicemente superato: viene trasfigurato in prova di elezione divina. È una forma di alchimia psichica che converte la vulnerabilità in potere messianico. Particolarmente significativo è come questo riferimento al divino venga immediatamente seguito da promesse concrete e materiali: “We will drill, baby, drill”. Il sacro e il profano, l’eterno e l’immediato, il trascendente e il materiale vengono fusi in un’unica corrente di suggestione. Il divino non è più trascendente: è diventato un dispositivo immanente di manipolazione della coscienza. Il sacro stesso è stato assorbito nella macchina ipnotica.

La saturazione semantica

Il discorso è poi intessuto di ripetizioni ipnotiche studiate:

  • “great” e “greater” (usati 14 volte)
  • “win” e “winning” (11 volte)
  • “never before” (8 volte)
  • “America” e “American” (37 volte)

Tutto il discorso opera attraverso una precisa economia dell’anticipazione. Ogni minaccia evocata (“crisis”, “invasion”, “catastrophic events”) viene immediatamente bilanciata da una promessa di risoluzione immediata (“starting today”, “very quickly”, “right now”). Questo crea un pattern di tensione-rilascio che mantiene l’audience in uno stato di eccitazione controllata.

La lezione (pressoché impossibile da apprendere) per i progressisti

Il discorso raggiunge il suo apice meta-ipnotico quando Trump dichiara:

“In America, the impossible is what we do best”.

Questa frase opera simultaneamente come riconoscimento della natura impossibile delle promesse e trasformazione dell’impossibilità in prova di potenza. Ma è anche un’autorizzazione a credere nell’incredibile e una vera e propria celebrazione della trance come stato superiore di coscienza. È ipnosi che parla della propria natura ipnotica, creando un livello meta di suggestione che rafforza invece di indebolire l’effetto.

I progressisti, nel frattempo, rimangono intrappolati in una gabbia epistemologica fatale: la loro incapacità di comprendere la dimensione mitopoietica del potere li condanna a una perpetua marginalità strategica. Mentre continuano a opporre argomenti razionali, dati e argomentazioni logiche, ignorano completamente che il potere contemporaneo opera ormai esclusivamente attraverso la modulazione degli stati di coscienza.

La loro critica rimane prigioniera di un modello illuministico di comunicazione, dove la verità dovrebbe trionfare per merito intrinseco, senza comprendere che la verità è ormai un prodotto estetico, un’esperienza collettiva che si genera attraverso ripetizione, emozione e suggestione. Non hanno ancora compreso che la battaglia non si vince sui fatti, ma sui flussi emotivi, sulle narrazioni che penetrano l’inconscio collettivo, sulle metafore che ridisegnano istantaneamente i confini del possibile. La loro razionalità fondata sul senso di colpa è diventata una prigione, un rifugio autoreferenziale che li allontana sempre più dalla capacità di generare immaginari collettivi capaci di mobilitare desiderio e credenza.

La loro cecità strategica si manifesta nella persistente illusione di poter conquistare l’egemonia culturale attraverso l’accumulo di prove, la documentazione scientifica, l’argomentazione logica. Ignorano che l’immaginazione contemporanea è ormai un territorio completamente colonizzato dai meccanismi della spettacolarizzazione e della seduzione mediatica. Ogni tentativo di opporre una contro-narrazione basata su dati e ragione viene immediatamente assorbito, neutralizzato, metabolizzato dal sistema di comunicazione dominante, che trasforma perfino la critica in un ulteriore elemento di intrattenimento.

Il loro fallimento più profondo risiede nella incapacità di comprendere la natura desiderante del potere. Non si tratta più di convincere razionalmente, ma di produrre immaginari che catturano l’energia libidinale delle masse, che generano aspettative, che promettono trasformazioni. I movimenti progressisti continuano a parlare il linguaggio freddo dell’analisi, mentre le destre sanno perfettamente come parlare il linguaggio caldo del mito, della rigenerazione, della rinascita epica.

La loro milizia intellettuale è ancora trincerata nei dibattiti televisivi, nei seminari, nei libri autoriferiti, luoghi che appaiono sempre più come bunker autoreferenziali sempre più distanti dai flussi reali del desiderio collettivo. Hanno perso la capacità di produrre narrazioni magnetiche, capaci di oltrepassare le strettoie della ragione e penetrare direttamente nell’immaginario. Sono diventati archivisti della critica, custodi di un sapere che non riesce più a generare movimento, a produrre rotture simboliche.

Il loro paradosso più drammatico è la trasformazione della critica in un feticcio, un oggetto da contemplare piuttosto che un dispositivo di trasformazione. Dove una volta c’era la volontà rivoluzionaria, oggi c’è solo l’archivio della rivoluzione mancata. Dove una volta c’era l’utopia come macchina desiderante, oggi c’è solo la nostalgia, un sentimento museale che cristallizza invece di aprire nuove possibilità.

Eppure la storia non aspetta. Mentre i progressisti continuano a dibattere sulle sfumature concettuali, il mondo viene risemantizzato da coloro che sanno parlare il linguaggio dell’immaginazione collettiva. La loro è ormai una resistenza archeologica, un tentativo di opporre gli strumenti del novecento alle macchine cognitive del ventunesimo secolo. Una resistenza destinata non alla sconfitta, ma qualcosa di ancora più drammatico: l’irrilevanza.

La trance restaurata

Questo discorso di Trump rappresenta l’Ipnocrazia nella sua forma più compiuta: un sistema dove il potere non opera più attraverso la forza o la persuasione razionale ma attraverso la manipolazione diretta degli stati di coscienza collettivi. Non convince: induce. Non comanda: incanta.

La domanda che emerge non è come resistere a questo sistema – la resistenza frontale è già stata incorporata nella sua logica – ma come sviluppare forme di lucidità all’interno della trance collettiva. Non un risveglio impossibile, ma una nuova arte del sognare lucido politico.

Il Regno è qui. Il potere non risiede più nel controllo dei corpi o delle menti, ma nella capacità di modulare gli stati di coscienza di intere popolazioni. Trump non è semplicemente tornato alla presidenza: ha inaugurato formalmente un nuovo regime di realtà.

Benvenuti nell’era dell’Ipnocrazia.

Fonte: www.tlonletter.it/p/analisi-del-discorso-ipnocratico

Jianwei Xun è un analista culturale e filosofo nato a Hong Kong, il cui lavoro collega i mondi dei media, della teoria narrativa e della filosofia. Con una formazione in filosofia politica e studi sui media presso l’Università di Dublino, Xun ha trascorso diversi anni come consulente per le narrazioni strategiche di istituzioni globali prima di dedicarsi completamente alla scrittura.

Hypnocracy: Trump, Musk e la nuova architettura della realtà è il suo primo libro, un’analisi senza compromessi dei sistemi di potere che modellano la percezione e la realtà. Attingendo a influenze che spaziano dalla filosofia orientale alla teoria critica occidentale, Xun offre una voce unica nelle conversazioni urgenti del nostro tempo.

Attualmente studia l’intersezione tra narrazione, tecnologia e trasformazione culturale.

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